PREMESSA
Un marito conosceva la password di Facebook della moglie. E, fin qui, niente di particolarmente strano. Tuttavia, per il solo fatto di conoscere la password, il marito si è sentito autorizzato ad accedere liberamente al profilo Facebook del coniuge. Quanto accaduto poi, cioè la scoperta dell’infedeltà, ha rappresentato una circostanza spiacevole, ma il punto è un altro. Che diritto aveva il marito di accedere a Facebook utilizzando l’account della moglie?
Altro caso.
Una cancelliera aveva libero accesso con la propria password ai fascicoli penali del Tribunale. La password del sistema informatico le consentiva di visionare liberamente tutti i procedimenti penali, ivi compreso quello a carico di un parente che era imputato in un procedimento assegnato, tuttavia, ad un ufficio diverso da quello dove la cancelliera prestava servizio.
E così la cancelliera si mise all’esplorazione del fascicolo penale del proprio parente.
Anche qui ci si pone la domanda: l’accesso al sistema informatico era da ritenersi abusivo?
Cosa prevede il codice penale
L’art. 615-ter del codice penale punisce con la reclusione fino a 3 anni chi “abusivamente” si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo.
Cosa si intende per “accesso abusivo”?
La questione della “abusività” o meno dell’accesso ad un sistema informatico è stato oggetto, più volte, dell’esame della Cassazione. Da ultimo (Cass. 41210/2017) i Giudici hanno affermato che l’accesso sia da ritenersi abusivo non solamente quando manchi la formale autorizzazione da parte del titolare del sistema, ma anche quando, seppur formalmente autorizzato, il soggetto agisce con finalità private.
E’ pertanto la finalità che distingue l’accesso consentito da quello vietato.
Anche nel caso del marito che aveva scoperto la chat della moglie accedendo a Facebook, i giudici hanno rilevato il carattere abusivo dell’accesso perché certamente in contrasto con la volontà della moglie (Cass. 2905/2019).
Pertanto, attenzione: la conoscenza delle chiavi di accesso ad un sistema informatico o telematico non significa affatto autorizzazione al libero accesso!